Resti di un tempio periptero sono tornati in luce, parzialmente inglobati nelle fondazioni della Chiesa di Santa Caterina, nell’angolo sud- occidentale dell’attuale Piazza V. Emanuele II. La decorazione ionica del geison (cornice di trave di colmo) in marmo fisserebbe alla metà del III sec. a.C. la sua cronologia. Non ci sono elementi per identificare la divinità venerata.
L’ubicazione così prossima all’agora/foro fa pensare, tuttavia, che si tratti di un edificio sacro di una certa rilevanza: i rendiconti finanziari documentano i culti di Zeus e di Dioniso, i quali dovevano possedere un santuario nella città, come anche certamente Apollo.
Nell’avanzato I secolo d.C., o agli inizi del II secolo d.C. il tempio fu affiancato sul lato sud, da un odeon, teatro coperto. Rimane poco chiaro il sistema di copertura. Parzialmente riportata in luce nel 1892-1893, la cavea è realizzata in laterizio. Contiene undici ordini di posti divisi da tre scalette in quattro cunei.
L’ottavo ordine dall’orchestra verso l’alto, è utilizzato come passaggio. Su di esso si aprivano, infatti, gli ingressi o vomitoria, due dei quali ancora esistenti.
E’ da considerare un’aggiunta posteriore il corridoio voltato che corre lungo il lato posteriore dell’edificio, con il quale sono in comunicazione i passaggi, o vomitoria. Della scena rimangono porzione del prospetto in laterizio del pulpitum, o palcoscenico con resti di nicchia semicircolare. La retrostante parte lignea del palcoscenico insisteva sui gradini del tempio di III secolo a.C., mentre il suo colonnato fungeva probabilmente da fondale scenico. Con quello di Catania, l’odeon di Taormina è l’unico esempio di teatro coperto ad essere documentato in Sicilia. Esso era destinato a spettacoli, più precisamente a concerti, a concorsi musicali, come pure a conferenze e letture pubbliche, ma può essere stato utilizzato anche per riunioni politiche. Si tratta di spettacoli di minor richiamo di pubblico rispetto a quelli offerti dal teatro.